Anthony Phillips

Radio Clyde 1978

Voiceprint BP354CD

Track list

 
 
recensione di Mario Giammetti
 
 
 

Reaper
Moonshooter
Flamingo

Conversation Piece

Silver Song
Master Of Time
Which Way The Wind Blows
Now What (Are They Doing To My Little Friends)?
Field Of Eternity
Postlude: End Of The Season

Nel luglio del 1978, nell’ambito della promozione per “Wise After The Event”, Ant registrò dal vivo una manciata di canzoni, ma naturalmente si guardò bene dal farlo in pubblico, chiudendosi invece nel suo studio, proprio come avrebbe fatto quindici anni dopo per le cosiddette Echoes Sessions poi pubblicate su “The Living Room Concert”. Messo di fronte al mixer, Ant sistemò i microfoni per la chitarra e per la voce e partì, come se di fronte a lui ci fosse un pubblico invisibile e, per questo, innocuo. Una registrazione di questa performance è circolata per tanti anni fra gli appassionati ed anzi, fino alla pubblicazione delle suddette Echoes Sessions, questa cassetta era l’unica possibilità per i fan di Ant Phillips di farsi un’idea di quello che più o meno potesse essere un suo concerto. Fra l’altro il nastro che girava aveva una velocità decisamente più accentuata rispetto all’originale. Sfortunatamente i master della performance sono andati perduti, quindi per rendere pubblico il concerto la Voiceprint ha dovuto affidarsi a una semplice registrazione, seppur di prima generazione, trovata in casa Phillips. Il risultato in termini tecnici non è eccezionale, va detto; il suono non è buono come si sperava pur se resta globalmente ottimo e, naturalmente, la velocità del nastro è stata riportata ai giusti livelli.

E’ invece imperdibile la performance e, nonostante qualche piccolissima imperfezione tecnica la si possa ascoltare fin dall’iniziale “Reaper”, ci basta inserire nel lettore il CD per apprezzare una volta di più la maestosità del suono della chitarra a dodici corde, una piccola orchestra suonata da due sole mani. Con “Moonshooter” abbiamo invece la possibilità di ascoltare uno dei purtroppo non frequenti brani per voce e chitarra di Ant. A mio avviso è un vero peccato che l’artista non approfondisca questo aspetto; Ant, in realtà, non è affatto male come cantante (anche se non possiede un timbro particolarmente bello), e questa performance ci fa provare ancora più dispiacere di fronte al suo ineluttabile rifiuto di suonare dal vivo.

Dopo la struggente “Flamingo” è il turno di un inedito chiamato “Guitar Quintet Movement One” in copertina e “Conversation Piece” fra i titoli. Questo secondo titolo, comunque, sarebbe stato ufficializzato nel più volte nominato “The Living Room Concert”. Esilarante l’introduzione parlata, dove Ant dice di aver “scritto questo pezzo 45 anni fa” (all’epoca invece non ne aveva ancora 27… ed era già considerato un dinosauro dai punk… buffo, vero?).

Segue un quartetto di brani splendidi, tutti per chitarra e voce: si inizia con “Silver Song”, ben cantata anche se ovviamente la voce di Phil Collins era un’altra cosa. Segue “Master Of Time”, una canzone dedicata al Big Ben che abbiamo conosciuto ufficialmente nella ristampa di “The Geese And The Ghost”. Qui, ovviamente, manca l’organo, ma Ant con la 12 corde riesce ad indugiare sui piano e sui forte in maniera molto efficace. E’ poi il turno di “Which Way The Wind Blows”, un brano semplicemente immenso. Anche qui la performance vocale di Ant è più che buona, anche se diventa difficile non pensare al canto di Phil Collins, che io trovo ancora oggi la sua (di Phil) prestazione vocale più struggente, dopo tanti anni di carriera.

Per finire con le canzoni cantate, l’inno animalista “Now What (Are They Doing To My Little Friends)?”, dove la chitarra di Ant è superlativa con un alternarsi eccellente di piano e di forte. Buona anche la voce con l’uso del vibrato, anche se rimane un po’ bizzarra la scelta di cantare alcune parti in falsetto.

Il disco si avvia al termine con la splendida “Field Of Eternity”, suonata alla sei corde, e con notevoli giochi sulle pause da parte di Phillips, per poi chiudersi definitivamente con la brevissima “Postlude: End Of The Season” suonata alla 12 corde.

Per finire, questo disco sfodera la prima copertina disegnata da Peter Cross dopo oltre dieci anni (una copertina carina ma, a dire il vero, non troppo impegnativa), e questo non è che un motivo in più per non lasciarsi scappare questo gioiellino, col quale Ant pubblica un disco a suo nome (sebbene d’archivio) a ben quattro anni dal precedente: non era mai successo da quando ha iniziato la sua carriera, e questo ci fa aspettare con un’ansia ancora maggiore il suo prossimo disco di materiale originale.