Le canzoni di Peter Gabriel Editori Riuniti.
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Nei venticinque anni trascorsi fra l’album d’esordio del 1977 e il recente UP del 2002, Peter Gabriel ha abituato il pubblico ad attese sempre più prolungate e snervanti - quanto ripagate da un ascolto soddisfacente e ricco di sfaccettature. Otto dischi di canzoni, tre colonne sonore e un paio di compilation incapsulano una varietà infinita di spunti: dalle sfumature tardo-progressive alle inedite cromature hard rock, dal minimalismo new-wave alla duratura infatuazione per la variegata “musica del mondo”, dalle colonne sonore cariche d’atmosfera alla rutilante energia dei singoli di successo. Ma la sua esuberante creatività riesce a stento ad essere contenuta da questa manciata di album, invadendo una pletora di ambiti artistici più o meno attigui, quali l’esecuzione dal vivo trasformata in rappresentazione ieratica e teatrale, il videoclip reso una forma d’arte parallela alla canzone, il CD-ROM interattivo proposto come un intero mondo da esplorare. E in tutto questo la proposta musicale di Gabriel mantiene un carattere inconfondibile, unificato dalla voce tesa ed espressiva come dal peculiare gusto nella scelta degli accordi e nella costruzione delle melodie. Almeno dal 1980 l’artista sceglie di porre lo schema ritmico quale base di partenza per le sue composizioni, e su questo robusto scheletro innesta i tessuti vitali delle canzoni, l’armonia e la melodia – mentre i testi sono rimpiazzati fino all’ultimo dal “Gabrielese”, una sorta di curioso grammelot necessario per provare l’efficacia delle parti vocali. Apparentemente, quindi, le parole riscuoterebbero un interesse relativo nell’economia del canzoniere gabrieliano, se non fosse che a contraddire quest’ipotesi basterebbe una sola canzone, quella “Biko” diventata giustamente un inno al giovane martire dell’Apartheid sudafricano. Ma il talento letterario di Gabriel si mostra saldo e polivalente per tutta la sua carriera, spaziando tra sapidi giochi di parole, intricate metafore, dolente introspezione e fulminei squarci narrativi. Uomo di vasti interessi e di buone letture, l’artista riesce ad esempio a celare un’ispirazione d’ascendenza “alta” in una filastrocca danzereccia (“Kiss That Frog”, 1992), come a rappresentare l’angoscia dell’Uomo Bianco oggettivando il testo disperato in un crescendo parossistico di percussioni tribali (l’esperienza di Carl Gustav Jung che rivive in “The Rhythm Of The Heat”, 1982). Questo libro si propone di analizzare il “corpus” dei testi concepiti da Peter Gabriel nei suoi album e nei brani inediti più significativi, per metterne in luce le fonti di ispirazione, i temi ricorrenti e gli artifici retorici utilizzati. |
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