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"IT is here, IT is now"It is here, It is nowThe Musical Box
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Denis Gagné – Lead Vocal, Flute, Percussions Martin Levac – Drums, Percussions, Vocals François Gagnon – Electric guitar, 6 and 12 strings acoustic guitar, electric Sitar Sébastien Lamothe – Bass, Acoustic and Electric Guitar, Bass pedals, Back vocals Eric Savard – Keyboards, Organ, 12 strings acoustic Guitar, Back vocals Musical Direction: Sébastien Lamothe Artistic Direction: Serge Morissette |
Questo é
quanto si leggeva sulla locandina che pubblicizzava i quattro concerti
tenuti allo Spectrum di Montreal tra l’11 e il 14 dell’Ottobre 2000, con i
quali la cover band canadese The Musical Box ha iniziato una tournée di
venti date in cui ha rappresentato, con l’approvazione ufficiale dei Genesis,
l’intera performance di The Lamb Lies Down On Broadway. Lunghi mesi di
preparativi hanno preceduto questo debutto, e per chi conosce i Musical Box
non c’è da sorprendersi… le loro rappresentazioni precedenti, in particolare
quella del Selling England Tour, sono state infatti sempre caratterizzate da
meticolosissime ricostruzioni che hanno permesso di ricreare con
straordinaria fedeltà le performance originali dei Genesis. Riproduzione
fedele della musica, straordinaria ricostruzione dei costumi e delle
scenografie, impressionante impersonificazione di Peter Gabriel da parte del
cantante del gruppo Denis Gagné, sia nel cantare che nel raccontare le
famose “storie” che intrattenevano il pubblico tra un brano e l’altro… ma se
per il Selling England Tour sono state sfruttate varie testimonianze video,
e principalmente ci si é rifatti ai concerti di Montreal dell’Aprile ’74,
era lecito chiedersi come sarebbe stata la performance di The Lamb, non
esistendo, almeno per quanto si sappia, una completa ed univoca fonte video
di questo tour a cui ispirarsi. Grande curiosità dunque da quando, con la
presentazione ufficiale del progetto tenutasi a Montreal il 3 e 4 Giugno
2000 si apriva ufficialmente l’attesa per questo evento… un’attesa condivisa
da tutti coloro che non hanno mai potuto assistere ai concerti del Lamb Tour
dal vivo, concerti che rappresentarono il culmine della evoluzione
scenografica e teatrale della musica dei Genesis, che scelsero di comunicare
il messaggio di un concept album così complesso attraverso la realizzazione
di uno show multimediale, messo in scena almeno vent’anni prima che di
multimedialità si cominciasse a parlare. La fila fuori dallo Spectrum
comincia a formarsi attorno alle 15… alle 19 aprono i battenti, e alle 21:30
circa le luci del teatro finalmente si spengono… sale l’emozione, l’attesa
di compiere per la prima volta un viaggio fantastico nel mondo sotterraneo
di Rael, e forse c’è anche un po’ il timore di rimanere delusi da
aspettative tanto straordinarie… ecco… si comincia… Il primo impatto é da
brivido… capelli corti, viso truccato, giubbotto di pelle nera, jeans e
T-shirt bianca… non c’è nemmeno il tempo di mettere a fuoco e capire se
Denis é proprio Peter Gabriel o solo gli somiglia straordinariamente che le
prime parole echeggiano nel microfono: “Good evening… bonsoir… we have
written a big lump of story and music and we’d like to play it for you
tonight…” la voce e la pronuncia sono impressionanti… sembra di ascoltare
veramente Peter che introduce The Lamb così come tramandatoci dai vari
bootleg o dal concerto dello Shrine Auditorium di Los Angeles immortalato
negli Archives… le ultime parole, accolte con un boato dal pubblico, sono:
“This is the story of Rael”… Da quel momento in poi é magia: appaiono le
prime diapositive sui tre schermi posizionati sul palco in alto dietro la
band… è il profilo dell’isola di Manhattan a New York… ancora qualche
secondo e partono le inconfondibili note dell’intro di The Lamb Lies Down On
Broadway… l’effetto è dirompente… mi trovo nella prima fila sotto il palco,
poiché ho deciso di seguire da vicino tutti i dettagli durante questo primo
concerto… la mia attenzione é immediatamente catturata dal succedersi delle
diapositive che i Genesis hanno fornito alla band per questa
rappresentazione… sapere che si tratta di copie degli originali utilizzati
durante il Tour del 1974/75 mi dà una sensazione speciale, e continuo a
seguire quelle immagini avidamente… al tempo stesso studio ogni gesto, ogni
sguardo, ogni espressione del viso di Denis-Peter. Il risultato è
straordinario! Ogni mossa è studiata ma al tempo stesso naturale, ogni
espressione, ogni postura del corpo ci fa pensare di avere davanti il Peter
Gabriel di venticinque anni fa… anche gli altri musicisti sono posizionati
sul palco esattamente come la band originale, con gli stessi vestiti che
Mike, Phil e gli altri indossavano allora… questa volta non dobbiamo
chiudere gli occhi per fare un viaggio nel passato… non c’è bisogno
dell’immaginazione… è davanti ai nostri occhi… IT IS HERE, IT IS NOW! Tanti
i dettagli da assaporare, tantissimi i momenti indimenticabili, molte le
risposte a tante piccole curiosità che ci avevano assalito per anni… dopo
The Lamb parte Fly on a Windshield, durante la quale, dopo aver cantato le
frasi ad inizio brano, Denis-Peter lascia il palco e la ribalta agli altri
musicisti, per ricomparire giusto in tempo per afferrare il microfono e
darci l’emozione di ascoltare “Echoes of the Broadway Everglades”… scorrono
diapositive con i volti di tante stelle del cinema, c’è il Ku Klux Klan,
appare Groucho Marx… e ci sono piccoli indimenticabili gesti da cogliere,
come quando cantando “smiling at the majorettes smoking Winston cigarettes”
Denis, ma ci viene naturale chiamarlo Peter, fa il gesto di fumare ed
espellere il fumo della sigaretta dalla bocca… Il primo colpo di scena
arriva quando all’inizio di Cuckoo Cocoon un faro azzurro illumina l’angolo
in basso a destra del palco dove Rael é sdraiato a terra a torso nudo,
cantando al caldo del suo bozzolo, e suonando anche il flauto in quella
posizione! Segue una emozionante In The Cage, con Rael ancora senza T-shirt
che canta passandosi a tratti l’asta del microfono dietro la schiena,
proprio come in quei pochi secondi indimenticabili ripresi allo Shrine e
contenuti nel video Genesis – A History… bellissima anche la camminata stile
robot lungo il palco durante il ritornello su The Grand Parade, e il gesto
con cui Peter sembra tirare delle monete fuori dalla tasca mentre canta “and
as the notes and coins, are taken out, I’m taken in, to the factory floor”
all’inizio del brano. E’ il momento del secondo intermezzo parlato, con il
divertente racconto della prima “romantic adventure” di Rael, e quindi si
ricomincia con Back in NYC, pezzo che dal vivo assume una intensità
straordinaria, durante il quale Rael, cantando ““When you take up my bottle,
filled up with gasoline, you can tell by the night fires where Rael has been,
has been”” getta una bottiglia Molotov contro una grande roccia posizionata
al centro del palco sotto gli schermi, creando la prima esplosione, con
tanto di fiamme, della serata! Qui scopriamo che le foto tante volte viste
di Peter e Mike (qui impersonificato dal bravissimo Sébastien Lamothe) che
cantano insieme si riferiscono al coro “no time for romantic escapes, when
your fluffy heart is ready for rape”... segue una intensissima Hairless
Heart, con le diapositive che mostrano una mano in guanto di pelle nera che
impugna un rasoio e fotogramma dopo fotogramma rade un cuore bianco di
pelliccia (“fluffy heart”) su uno sfondo rosso, realizzando un effetto di
grande suggestione visiva. Parte quindi una brillantissima Counting Out
Time, durante la quale osserviamo che Denis-Peter si accosta per l’unica
volta al batterista, cantando in piedi accanto a lui per alcuni secondi.
Arriva poi il momento magico di Carpet Crawlers, interpretata tra luci
soffuse e seguita da tutto il pubblico con grande emozione. Quando appare
una scala a chiocciola sugli schermi, é l’inizio di una straordinaria The
Chamber of 32 Doors, che tra diapositive del Prete e del Prestigiatore (“the
Priest and the Magician”), del Padre e della Madre (“my Father to the left
of me, my Mother to the right”), chiude in maniera toccante la prima metà
del concerto. Il terzo ed ultimo intermezzo parlato é il più lungo ed il più
divertente, con la citazione delle Lamia, dello Slipperman e del famigerato
Doktor Dyper. Puntualmente ogni sera Denis-Peter ripete la presa in giro
degli altri componenti della band, scelti a turno come riferimento per
spiegare quanto siano disgustose le fattezze dello Slipperman! Torna la
musica con Lilywhite Lilith (introdotta dal “one, two, three, four” del
batterista), e poi arriva un momento che rimarrà per me tra i più
straordinari ed indimenticabili del concerto: The Waiting Room.
Personalmente ho sempre considerato questo brano interessante, soprattutto
perché per i Genesis si trattava dell’unico momento in cui vi fosse un
qualche grado di improvvisazione (concetto piuttosto estraneo ad una band
così perfezionista), ma non l’ho mai collocato in cima alla lista delle mie
preferenze assolute. Ebbene, dal vivo The Waiting Room diventa davvero The
Evil Jam (così la band chiamò questo brano nella sua registrazione live),
assumendo un fascino ed una forza straordinari, con il suo incredibile
crescendo che, secondo dopo secondo, ci porta al coinvolgente finale durante
il quale i fari che illuminano il palco vengono rivolti verso il pubblico,
creando un effetto visivo estremamente suggestivo, che rappresenta
l’incontro di Rael con la luce accecante che avviene durante il brano,
effetto che posso apprezzare interamente nella sua bellezza dalla mia
posizione nella galleria in alto di fronte al palco durante il concerto
dell’ultima sera. Ma c’è di più. Durante la parte finale del brano, dietro
agli schermi appare un ombra in movimento… é una creatura (interpretata
naturalmente da Denis-Peter) dalle fattezze inquietanti, con lunghe mani ed
unghie che si agitano trasmettendo una sensazione di turbamento… sembra che
questa sequenza sia stata aggiunta a seguito dell’apparizione di un filmato
privato di circa 15 minuti di uno dei tre concerti di Liverpool dell’Aprile
’75, giunto nelle mani della band solo qualche giorno prima del debutto allo
Spectrum. Una novità questa, davvero assoluta, e di straordinaria
suggestione visiva! C’è stupore e commozione tra il pubblico, che urla ed
applaude, ma si ha giusto il tempo di assorbire l’emozione che partono le
note del piano che introducono Anyway. Rael questa volta é sdraiato col suo
giubbotto di pelle nera nell’angolo alla sinistra del palco, da dove ci
racconta come vede avvicinarsi la morte (Rael porta la mano all’orecchio
quando, sdraiato in terra, canta “Anyway, they say she comes on a pale horse,
but I’m sure I hear a train”). Quindi il nostro eroe si siede per cantare il
brano successivo, che celebra l’arrivo del Supernatural Anaesthetist, al
termine del quale un breve bridge musicale permette dei movimenti di
preparazione sul palco avvolto nel buio… E siamo ad uno dei momenti più
belli e spettacolari del concerto… alle prime note di The Lamia, appare un
grande cilindro di tela, rischiarato da una leggera luce viola, su cui sono
rappresentati i corpi delle Lamia… quando cominciano le parole “Rael stands
astonished, doubting his sight”, il cilindro viene illuminato di una luce
azzurro-verde e comincia a girare (come immortalato dalle celebri foto di
Armando Gallo). All’interno si intravede la silhouette di Denis-Peter, che
crea il movimento facendo ruotare il cilindro con una mano. Questo movimento
si interrompe al termine della strofa per ripetersi poi successivamente,
fino a quando, sulle note del piano che precedono la fase finale del brano,
il cilindro illuminato si abbassa lentamente ed appare Rael in un costume
bianco fosforescente con le braccia levate al cielo… ancora qualche secondo
e partono le parole: “Looking behind me, the water turns icy blue, the
lights are dimmed and once again the stage is set for you”… a questo punto
Rael barcolla verso il retro del palco, si mette le mani sulla testa in un
gesto di disperazione e sparisce mentre parte il bellissimo assolo finale di
chitarra… davvero stupefacente! Silent Sorrow serve a riprendere fiato in
attesa dell’arrivo dello Slipperman… qui va detto che la ricostruzione dei
costumi realizzata é veramente perfetta! Lo Slipperman esce faticosamente
dal bozzolo rosso in cui si trova e si mostra in tutto il suo “splendore”:
Denis è straordinario a replicare le mosse e la camminata di Peter così come
tramandateci da quei pochi frammenti di 8mm dei concerti originali che
abbiamo avuto occasione di vedere. Ci rendiamo conto della difficoltà di
cantare in quelle condizioni, il che ci rende meno severi nel giudicare la
scelta di Peter di registrare nuovamente almeno questa parte del concerto
dello Shrine sugli Archives. Lo Slipperman cammina su e giù per lo stage, e
quando si avvicina al chitarrista solista, questi stacca un tubo dal
grottesco costume, sgonfiando i giganteschi testicoli dell’amorfo per
rappresentare l’avvenuto taglio del “tergicristallo” (“windscreenwiper”) da
parte del Doktor Dyper. Si prosegue con l’altalena di suoni ed emozioni che
caratterizzano i brani successivi, Ravine, The Light Dies Down On Broadway,
al termine della quale vi é l’unico momento del concerto nel quale Peter
suona l’oboe, e Riding The Scree. Si arriva così alla melanconica melodia di
In The Rapids, cantata da Denis-Peter tenendo il giubbotto dietro le spalle
con una mano, per poi esplodere letteralmente, appena pronunciate le parole
“Something’s changed, that’s not your face, it’s mine! It’s mine!” nel
grande finale di IT, con fiamme che si levano al centro del palco ed una
immagine davvero suggestiva dei due Rael ai lati opposti dello stesso,
quello autentico a sinistra ed il “dummy”, il manichino, sulla destra.
Mentre sui tre schermi passano le lettere “it”, Denis sfoggia un’altra
grande performance e ci conduce al termine di un viaggio straordinario che
fino ad oggi avevamo solo sognato di poter compiere. Siamo tutti stravolti e
felici, al punto di quasi non renderci conto che non é finita qui… la band
(ad eccezione di Denis, sparito dal palco appena terminata la musica) rimane
a raccogliere gli applausi scroscianti, in attesa che dopo qualche minuto
una figura vestita di nero li raggiunga… é il momento di The Musical Box,
tradizionale primo encore del Lamb Tour. L’introduzione parlata é perfetta,
e la performance é grandiosa, con l’apoteosi finale quando l’Old Man
conclude il brano cantando “Now Now Now Now” con la sua maschera illuminata
da una luce gialla, mentre il resto dello stage rimane completamente buio.
Al crollo in terra del vecchio al termine del brano, quasi automaticamente
si alzano tutti in piedi ad applaudire ed urlare il proprio entusiasmo! A
questo punto tutta la band lascia il palco salutando il pubblico, che
continua ad urlare ed applaudire per circa dieci minuti senza sosta! Ci
guardiamo intorno, ma ecco che qualcosa si muove sul palco… è la band che
rientra per il secondo bis, ma senza Denis-Peter… ancora qualche secondo, ed
ecco che dietro gli schermi bianchi appare una silhouette nera
inconfondibile… è il Guardiano dei Cieli, il Watcher of the Skies, con le
sue celebri Batwings… la performance é semplicemente perfetta, ogni mossa é
studiata ed ogni nota scorre come se quegli strumenti fossero suonati da
Tony, Mike, Steve, Phil e Peter… la riproposizione dei costumi é quanto mai
fedele all’originale, del resto la macchina dei Musical Box é perfettamente
oliata per quanto riguarda questi brani finali, rappresentati per anni con
sempre maggiore precisione ed accuratezza. Siamo davvero alla fine ora,
emotivamente stremati, ma continueremmo ad ascoltare questa musica e questa
band per ore ed ore… Grazie, simpatici e bravissimi ragazzi canadesi… grazie
per averci fatto vivere quattro concerti, quattro serate straordinarie. Ogni
sera il livello musicale e soprattutto l’organizzazione scenica é andata
migliorando (le esplosioni hanno ad esempio cominciato a funzionare
perfettamente a partire dal terzo concerto), fino a realizzare una
performance praticamente perfetta nell’ultima serata, al termine della quale
non abbiamo potuto fare a meno di pensare all’ultimo concerto di The Lamb
che i Genesis tennero in Francia, a St. Etienne, quando Peter suonò The Last
Post con il suo oboe… ma in realtà si é trattato non della fine, bensì
dell’inizio di un’avventura, di un tour che finalmente arriva ad essere
rappresentato, con la necessaria benedizione dei “Genesis e Peter Gabriel”
(come curiosamente, o forse significativamente, indicato sulla locandina dei
concerti), non solo in Canada, ma anche in Europa. E quale paese attenderà
The Lamb con maggiore attesa ed emozione del nostro? (adattamento da una recensione apparsa nel n. 34 di Dusk, dicembre 2000) |
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