Concerto Mad Men Moon – Orient Express, Casoria (Na) 22/01/2010

 

Era il 2007 quando i Genesis su una struttura  a forma di W larga 64 metri, profonda 28 e alta altrettanto introducevano i loro concerti; è nel 2010 in una fredda serata di gennaio che i Mad Men Moon introducono la parte strumentale di Behind The Lines che si collega con Duke’s End  stipati in poco più di sei metri quadri tra un groviglio di fili e di pedali dando vita ad un concerto la cui partecipazione di pubblico è senza dubbio notevole anche considerando la location effettivamente non adatta per questo tipo di musica. Il brano è funestato da una serie di inconvenienti dovuti al fatto che i ragazzi non avevano avuto la possibilità di effettuare un benché minimo soundcheck per il preciso livellamento dei suoni; va un po’ meglio con No Son Of Mine con la splendida vocalità di Massimiliano Palazzo, perfettamente integrato ormai con il resto del gruppo, che riesce però a malapena a gestire il precario equilibrio del leggìo e i tasti di un mixer “sempre troppo lento a rispondere alle esigenze di un suono accettabile”: bella comunque la ritmica crescente dei colpi secchi di batteria del preciso e pulito Paolo Terzi. Si parte con la prima perla della serata The Fountain Of Salmacis: Lello Roccasalva introduce il brano con suoni di tastiera eccellenti  ed il lavoro del basso di Ciro Sebastiani è ottimo, come belli sono i crescendo di tastiere e chitarre fino al magnifico assolo di Diego Di Finizio.

Non esulto sulla trascurabile Keep It Dark, troppo elettronica, ma dove i ragazzi però danno una buona prova di affiatamento tra l’ossessiva frase di chitarra filtrata nel synth e il pulsare del basso sulla  ruvida batteria, così come sulla seguente Abacab eseguita magistralmente. Il pubblico presente applaude in maniera convinta ed esulta quando Massimo inizia a raccontare la storiella del Re Canuto I di Danimarca che, stanco delle adulazioni dei suoi cortigiani, per deriderli, ordinò alle onde del mare di ritirarsi , leggenda su cui si basa Can –Utility and The Coastliners deliziosa nella sua celestiale atmosfera: Diego disegna un accompagnamento da incanto, mentre Ciro ricava degli effetti eccezionali con i pedali.

Massimo, la cui fisicità  è poco accostabile con l’esile figura del teppistello portoricano dei bassifondi di New York, Rael, riesce però a far cantare tutto il pubblico sulle note di The Lamb Lies Down On Broadway: buona l’introduzione di pianoforte di Lello, ma sul basso distorto di Ciro la musica diventa molto confusionaria e non si riescono ad apprezzare brani della bellezza di Fly On A Windshield, Broadway Melody 1974, Hairless Heart, The Lamia; i ragazzi ce la mettono tutta, ma le condizioni sono veramente assurde considerando gli spazi angusti in cui sono costretti a muoversi.

Le cose migliorano con Land Of Confusion ben suonata e ottimamente interpretata dal bravissimo Massimiliano e finalmente ci lasciamo alle spalle il lato elettronico dei Genesis per dare spazio all’immensa Seven Stones, favola raccontata da un’ espressivo Massimo e cesellata dall’epicità di una musica che i ragazzi interpretano un po’ meno bene di altre esegesi di questo brano.

Lello apre con qualche difficoltà, ma con una scelta dei suoni eccellente All In A Mouse’s Night, con il bellissimo drumming di Paolo, incalzante, con cambi di ritmo e tempi dispari: bellissima la parte finale che ci porta direttamente ad Afterglow , intensa, con un dolce arpeggio di chitarra di Diego, con i synth di Lello che formano i cori che portano la voce di Max ad un incredibile pathos.

Siamo al clou del concerto, il mellotron un po’”arrampicato” di Lello introduce Watcher of The Skies, dove vengono esaltate le doti canore dell’instancabile Massimiliano, con la batteria irregolare dell’eccellente Paolo e dalle galoppate sulla tastiera del basso di Ciro, bravo ed impeccabile.

Il pur bravo Lello, si cimenta in maniera infelice sull’intro di Firth Of Fifth che però prosegue in maniera soddisfacente, il chitarrista Diego Di Finizio ricrea le sognanti armonie di Steve Hackett. disegnando bellissime frasi melodiche fino al lirismo supremo dell’assolo finale.

Siamo giunti quasi alla fine, Ciro mostra doti di esemplare prontezza di riflessi “nell’acchiappare” il leggìo che stava cadendo a terra, mentre ci si preparava per l’esecuzione di The Return Of The Giant Hogweed (brano forse poco indicato per essere presentato a fine concerto) che incede magnificamente consegnando al pubblico presente una band che oramai ha raggiunto un grado di eccellenza e che sa colpire al cuore degli appassionati che insieme a loro cantano sulle note di I Know What I Like (con inserti di That’s All Follow You Follow MeStagnation) che chiude il concerto tra gli applausi a scena aperta di una platea estasiata e felice di aver passato una bella serata in compagnia di una musica che non tramonta anche grazie a cover band come i Mad Men Moon. 


Nando Caserta