Sabato 15 luglio Paul Young è morto di infarto nella sua casa di Altrincham, nel Cheshire. Sua moglie Patricia lo ha trovato riverso sul pavimento del bagno dell’appartamento ed il trasporto all’ospedale di Wythenshave è risultato inutile: Paul vi è purtroppo giunto cadavere. |
Il musicista era appena tornato da alcune date in Svizzera della SAS Band ed era in procinto di riunirsi a Mike & The Mechanics, i quali avevano in programma la partecipazione a due festival scandinavi alla fine del mese. |
Young lascia, oltre alla moglie Patricia, tre figli (Lee, Jason e Ursula) e una nipote, Tegan. |
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Nato a Manchester il 17/6/1947, Paul Young ha esordito in ambito musicale negli anni ’60 quale cantante dei Troggery Five, una band mancuniana che si era guadagnata una certa notorietà nel circuito dei club tedeschi sulla falsariga di quanto precedentemente fatto dai Beatles. |
Tornato a Manchester, Paul fece il suo ingresso in numerosi gruppi finché entrò a far parte dei Sad Cafe, una band formatasi nel 1976 e che prevedeva, oltre a Young, Ian Wilson (chitarra e voce), Mike Hehir (chitarra), Vic Emerson (tastiere), John Stimpson (basso), David Irving (batteria) e Lenni (sax). Successivamente alla band si sarebbe aggiunto a chitarra e voce Ashley Mulford, che Paul avrebbe poi portato con i Mechanics nel tour americano del 1986. |
Il primo album dei Sad Cafe, “Fanx Ta-Ra” del 1977 cominciò a muoversi in Inghilterra, ma con “Misplaced Ideals” la band si fece conoscere in America facendo da support act a gruppi come Santana, Rush e Toto. L’album successivo, “Facades”, fu prodotto da Eric Stewart dei 10CC; il singolo tratto da quell’album, “Everyday Hurts”, raggiunse il terzo posto nelle chart americane nell’ottobre 1979; la canzone, scritta da Emerson, Stimpson e Young, si avvaleva di una notevole prova vocale di Paul, che l’avrebbe poi cantata spesso sia con Mike & The Mechanics che con la SAS Band. Altri due singoli (“Strange Little Girl” e “My Oh My”) si fecero strada in classifica, e i Sad Cafè tornarono trionfatori in Inghilterra con un tour di 24 date sold out. Ma con il passaggio discografico alla Polydor e alcuni avvicendamenti all’interno della formazione, i Sad Cafe furono risucchiati dai cambiamenti degli anni ’80, anche se continuarono a pubblicare dischi. |
Nel 1985, tuttavia, Paul fu uno dei cantanti convocati da Mike Rutherford per il suo nuovo progetto. Il disco fu chiamato “Mike & The Mechanics”, e l’inatteso successo dell’album costrinse il chitarrista dei Genesis a fare di quel progetto estemporaneo un vero e proprio gruppo. Nel disco di cantanti solisti ce n’erano addirittura quattro, ma fu subito evidente che Paul Carrack (che aveva cantato il primo singolo “Silent Running”, un successo in Inghilterra) e Paul Young (voce invece dell’hit americano “All I Need Is A Miracle”) avevano delle enormi qualità e vennero nominati membri effettivi della band. |
Come è noto, a quel disco ne seguirono altri quattro di studio (più un fortunato greatest hits) e una manciata di tour sempre di successo. All’interno dei Mechanics, la figura di Paul Young era quella del cantante, del polistrumentista e del frontman. |
Negli ultimi tempi Paul aveva avviato una interessante carriera parallela con la SAS Band, la Super Star band messa insieme da Spike Edney, il tastierista dei Queen. Proprio con questo gruppo (insieme a David Gilmour dei Pink Floyd, Fish e l’altro Paul Young, quello di “Wherever I Law My Hat”) il cinquantatreenne cantante stava attualmente portando a termine un tour. Quando la morte lo ha sorpreso era appena tornato da alcune date in Svizzera. |
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Oggi che, purtroppo, Paul Young non è più fra noi, mi posso ritenere fortunato per averlo conosciuto, seppure appena un poco. |
La prima volta fu a Roma nel marzo del 1995. Mike & The Mechanics erano lì per parlare con i giornalisti del loro ultimo disco, “Beggar On A Beach of Gold”. In quella occasione furono organizzate delle interviste faccia a faccia; io ero l’inviato di Free, quella bella rivista che ha fatto una fugace apparizione nei negozi di dischi, e mi feci accompagnare da Marco Leodori. Ricordo che mentre Mike e Paul Carrack stavano parlando con un altro giornalista, io e Marco eravamo seduti ad un altro divano della hall dell’albergo romano aspettando il nostro turno. In quel momento arrivava Paul Young che, passandoci davanti, ci salutò, senza neanche sapere chi fossimo (voglio dire, nella hall c’era un sacco di gente, mica erano tutti giornalisti). |
Durante la conversazione Paul mi colpì per il suo interesse, per la sua voglia che il lavoro del gruppo fosse apprezzato, e per la sua apertura mentale (citò Jeff Buckley e Hootie And The Blowfish fra i suoi artisti preferiti). |
Ho poi incontrato Young l’anno scorso a Londra, per un’intervista a Rockstar. Paul non c’era ancora quando io, Achille Benigni e Helmut Janisch cominciammo a parlare con Paul Carrack, arrivò nel mezzo della conversazione e mi diede l’impressione di essersi appena svegliato, indossando, fra l’altro, una incredibile maglietta sportiva azzurra. Ma quando gli chiesi del suo album solista, di cui si parlava da anni, mi rispose che non aveva molto tempo, perché era un nonno. Questa immagine, ora che Paul non c’è più, non può che farci tanta tenerezza: immaginate questo nonno affettuoso che gioca con la sua nipotina ma poi di sera si trasforma in un rocker pieno d’energia… E già, perché chi ha visto almeno una volta Mike & The Mechanics dal vivo sa bene che l’anima del gruppo sul palco era proprio Paul Young: anche se meno predominante degli altri sul piano compositivo, si dava da fare con un oscuro ma preziosissimo lavoro da tappabuchi a percussioni, basso, chitarra acustica e tastiere, ma soprattutto era proprio Young a stare al centro del palco e a caricare il pubblico. |
Mike & The Mechanics non sono mai stati fra i miei preferiti e non può essere neanche la morte di uno di loro a farmi cambiare idea. Ciononostante ho sempre stimato moltissimo Paul Young; nel delicato equilibrio di quello che era nato come progetto quasi solistico di Mike Rutherford e si era trasformato in una band vera e propria quasi senza volerlo, la sua figura era assolutamente imprescindibile. Non so se Rutherford e Carrack abbiano intenzione di continuare o meno col nome di Mike & The Mechanics. Di certo non sarà mai più la stessa cosa. |
Mario Giammetti |